Integratore alimentare a base di estratti secchi di Bromelina, Ippocastano, Boswellia serrata, Ribes nigrum, Artiglio del diavolo, Vitamina D. Gli elementi che sono contenuti in IFLOGO COMPRESSE partecipano a molteplici reazioni metaboliche, colmando carenze nutrizionali in condizioni di ridotto apporto con la dieta, o aumentato fabbisogno degli stessi. L’approccio nutrizionale è studiato per i disturbi infiammatori muscolari, osteoarticolari e dei tessuti molli.
BROMELINA
La bromelina è un enzima appartenente alla classe delle proteinasi (anche dette peptidasi), ossia molecole in grado di degradare le proteine, scomponendole nelle loro unità monomeriche.
In natura, la bromelina esiste in più forme, che differiscono lievemente tra loro per formula chimica. Si trovano nel frutto e, in forma più concentrata, nel gambo dell’Ananas (Ananas comosus).
Sono presenti anche in altre piante originarie dei paesi tropicali, o subtropicali, appartenenti alla famiglia delle Bromeliaceae, da cui deriva il nome.
Chimica
Le proteine sono molecole con attività biologica di varia natura, costituite da catene di aminoacidi ed organizzate in strutture tridimensionali. Questo enzima è in grado di rompere i legami della catena proteica (azione proteolitica), modificandone l’attività biologica.
Il processo prevede la rottura del legame peptidico tra gli aminoacidi che ne compongono la catena. Ciò avviene attraverso un meccanismo che utilizza una molecola d’acqua. Per questo motivo la bromelina è riconducibile alla classe enzimatica delle idrolasi.
Nello specifico, si tratta di una proteasi a cisteina, il cui sito attivo (o sito catalitico) è rappresentato appunto dalla cisteina, un particolare aminoacido che presenta gruppi sulfidrici (contenenti atomi di zolfo).
La bromelina si trova in forma attiva a pH anche molto acido (pH 3-10), pertanto non viene degradata dall’attività gastrica e può essere assorbita a livello intestinale, con una biodisponibilità di circa il 40%.
Aiuto nella digestione: è attiva ad un pH che va da 3 a 10. Agisce idrolizzando le proteine in caso di insufficienza pancreatica o di pasti particolarmente ricchi di proteine.
Coadiuvante fisiologico sulle infiammazioni dei tessuti molli e sull’edema: queste azioni dipendono da 2 fattori:
- riduce il fibrogeno plasmatico e migliora la circolazione sanguigna contrastando la stasi ematica e il dolore;
- riduce i livelli di PGE2 e di trombossano A2 responsabili di attività pro-infiammatoria e pro-aggregante.
Effetto sulla cellulite: agendo su edema ed infiammazione, riduce gli inestetismi della cellulite.
Attività su rinosinusite: abbassando i livelli di infiammazione della mucosa nasale, ha dimostrato effetto mucolitico apportando benefici anche in casi di asma allergica.
Migliora la circolazione sistemica
Una volta raggiunto il circolo ematico, la bromelina esercita la sua azione proteolitica nei confronti della fibrina, molecola di natura proteica coinvolta nei processi di coagulazione del sangue.
L’inattivazione della fibrina previene la formazione di placche aterosclerotiche, che sono il primo step per la formazione di trombi nel circolo sistemico. Ne segue un minor rischio di sviluppare:
- ipertensione
- malattia coronarica
- altre patologie correlate al sistema cardio-circolatorio.
Inoltre, è spesso utilizzata per migliorare la circolazione sistemica nel trattamento delle vene varicose.
Contrasta la formazione di edema
La bromelina è particolarmente efficace per il riassorbimento dell’edema. Questa condizione consiste in un’infiammazione tissutale con versamento di liquido ematico (stravaso emorragico), che solitamente si verifica in seguito a trauma.
Grazie alla sua azione drenante, la bromelina facilita il riassorbimento degli stravasi emorragici. Inoltre, l’azione antinfiammatoria è utile per ridurre il gonfiore e l’infiammazione tissutale localizzata.
È spesso indicata in seguito ad affaticamento muscolare e lesioni di vario genere come:
- contusioni
- contratture
- stiramenti
- strappi.
Anche se non svolge un’azione antidolorifica diretta verso le fibre muscolari, porta benefici grazie alla sua azione antinfiammatoria e alla capacità di riassorbire l’edema.
Evidenze cliniche in:
Ortopedia → artriti, traumi sportivi
Urologia – prostatiti, orchiti, idrocele
Flebologia/angiologia – miglioramento microcircolo
Chirurgia maxillo facciale
Otorinolaringoiatria → sinusiti, coriza
Ostetricia → lacerazioni perineali
Gastroenterologia → insufficienza pancreatica
RIBES NERO
Distribuzione e habitat
La pianta è originaria delle zone montuose dell’Eurasia, ed è spontanea nel nord e nel centro dell’Europa e in Asia settentrionale .
Descrizione
L’arbusto è alto fino a 2 metri con fogliame deciduo e fusti ramosi. La corteccia è liscia, da chiara a rossastra nei fusti giovani, mentre diviene scura nei fusti vecchi. Le foglie sono grandi, piane, picciolate, con tre – cinque lobi, apice acuto e margine dentato. La pagina inferiore, coperta da un leggero tomento, è ricca di ghiandole giallastre dalle quali emana un caratteristico odore. I fiori appaiono in primavera, raccolti in racemi pendenti, sono pentameri, di colore verde-biancastro, poco appariscenti. I frutti, delle bacche nere globose ricche di semi con all’apice le vestigia del fiore, compaiono in agosto-settembre. Si differenzia molto dal ribes rosso per il colore, l’aroma, il sapore e destinazione dei frutti. Le foglie, le gemme ed i frutti sono intensamente profumati per la presenza di ghiandole contenenti oli essenziali.
Coltivazione
Ribes nero nelle montagne del distretto di Zakamensky, in Buryatia, Russia
Il ribes nero viene coltivato prevalentemente a scopo alimentare, ma negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede la finalità terapeutica. Il terreno consigliato è caratterizzato da un impasto medio, sciolto, ricco di humus e tendente all’acido. La distanza consigliata tra le file è di 3 metri mentre sulla fila è sufficiente lasciare 1,5 m tra un individuo e l’altro. La moltiplicazione della specie avviene principalmente per talea di ramo. Salvo particolari condizioni non necessita di interventi irrigui. Tenendo presente che il ribes fruttifica prevalentemente sui rami di un anno e poco su quelli corti e inseriti su legno vecchio, l’operazione di potatura deve essere rivolta ad assicurare il rinnovo delle vegetazione.
Usi
Bacche di Ribes nigrum
Alimentari
È alla base della Crème de cassis (cassis è il nome francese del ribes nero), un liquore a 20 % vol con cui si prepara il kir, con l’aggiunta di vino bianco.
Terapeutici
Secondo il Callo viene utilizzato in fitoterapia e gemmoterapia per stimolare le ghiandole surrenali a produrre cortisolo, un cortisone endogeno che aiuta l’organismo a reagire alle infiammazioni. Utilizzato anche per malattie cutanee (eczema e psoriasi). Il cortisolo genera una reazione essenziale ad ogni tipo di stress o lesione. Stimola la conversione di proteine in energia ed elimina le infiammazioni, inibisce inoltre temporaneamente l’azione del sistema immunitario.
IPPOCASTANO
L’ippocastano (Aesculus hippocastanum) è una pianta della famiglia delle Hippocastanacee. Dall’azione vasocostrittrice e decongestionante, è utile per la salute dei vasi sanguigni e linfatici.
Proprietà dell’ippocastano
L’ippocastano vanta proprietà antinfiammatorie e astringenti ed è utilizzato per la sua azione decongestionante, antiedemigena e flebotonica.
La parte della pianta utilizzata è il seme. I semi di ippocastano contengono infatti:
- Saponine;
- flavonoidi;
- proantocianidicne e cumarine responsabili delle proprietà di questo rimedio naturale.
A cosa serve l’ippocastano
L’ippocastano è una pianta utilizzata in ambito erboristico e fitoterapico in caso di:
- Fragilità capillare;
- insufficienza venosa;
- insufficienza linfatica;
- edema;
- cellulite;
- infiammazione del retto (proctite);
- emorroidi.
Benefici dell’ippocastano
I semi dell’ippocastano contengono una miscela di saponine triterpeniche nota come escina, oltre a cumarine (esculetina), flavonoidi, proantocianidine, amido e acidi grassi insaturi.
L’escina in particolare rappresenta il principio attivo più importante che, insieme ai flavonoidi, conferisce all’ippocastano proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e vasoprotettive, utili in caso di problematiche a carico della circolazione sanguigna e linfatica.
Infatti, questo prezioso principio attivo è in grado di ridurre l’attività dell’elastasi e della ialuronidasi, due enzimi che attaccano l’endotelio dei vasi e la matrice extracellulare, indebolendone la struttura. Riducendo l’attività di questi enzimi, i vasi riacquistano la normale resistenza e permeabilità.
Gli estratti di ippocastano sono ampiamente utilizzati nel trattamento di disturbi circolatori nelle condizioni di insufficienza venosa periferica e nelle sindromi flebitiche.
I sintomi dell’insufficienza venosa cronica includono la comparsa di un senso di pesantezza, gonfiore e prurito alle gambe, spesso accompagnato a crampi notturni. Molto diffuso è anche l’uso dell’ippocastano contro le emorroidi e le infiammazioni a carico del retto.
L’azione protettiva sui capillari si esplica nel miglioramento dell’attività del microcircolo attraverso la riduzione della permeabilità dei capillari, favorendo così il drenaggio linfatico e contrastando fragilità capillare, cellulite, gambe gonfie e pesanti.
ARTIGLIO DEL DIAVOLO
Artiglio del diavolo è il nome dialettale dell’arpagofito (Harpagophytum procumbens), una pianta perenne rampicante che appartiene alla famiglia delle Pedaliacee.
Il genere Harpagophytum è lo stesso del sesamo.
L’artiglio del diavolo è conosciuto in lingua inglese con i sostantivi di: “grapple plant” (pianta rampino), “wood spider” (ragno di legno) e “devil’s claw” (artiglio del diavolo).
Cresce in Africa Meridionale e soprattutto nelle regioni orientali e sud-orientali della Namibia, nel sud del Botswana, nella regione del Kalahari, nel Northern Cape e in Madagascar.
L’artiglio del diavolo deve il suo nome alle quattro appendici dure e nastriformi che caratterizzano i suoi frutti ovoidali. Queste escrescenze sono dotate di robusti uncini che, penetrando nel corpo o nelle zampe degli animali, procurano serie ferite, costringendoli a compiere una danza “indiavolata”.
La parte usata a scopo medicamentoso è costituita dalle escrescenze laterali della radice tuberosa (dette radici secondarie), che contengono alte percentuali di principi attivi.
Che differenza c’è tra la arnica e artiglio del diavolo?
L’arnica è un’erba medicinale utilizzata nella preparazione rimedi fitoterapici per il trattamento di infiammazioni e dolori muscolari, e marginalmente per il trattamento delle infiammazioni del cavo orale. Appartiene alla famiglia botanica Asteraceae (Compositae), Genere Arnica e specie montana L.
Arnica e artiglio del diavolo hanno applicazioni simili e, spesso, costituiscono ingredienti del medesimo rimedio (gel e pomate).
Qualcuno predilige l’arnica nel trattamento muscolare, mentre riserva l’artiglio del diavolo soprattutto ai dolori reumatici e articolari in genere.
A cosa serve l’artiglio del diavolo?
Artiglio del diavolo nella medicina tradizionale sud-africana
L’uso etnobotanico dell’artiglio del diavolo ha avuto origine in Africa Meridionale.
Per la precisione, questa pianta è uno degli “emblemi floreali” (simboli geografici) del Botswana, dove si crede possa essere utile nel trattamento di varie condizioni dolorose.
Nella medicina tradizionale sud-africana l’artiglio del diavolo viene utilizzato da secoli per la cura di vari problemi, come:
- Malattie reumatiche
- Dolori articolari
- Febbre
- Problemi allo stomaco.
Artiglio del diavolo in fitoterapia
Ciò che è stato constatato empiricamente dalle popolazioni locali venne poi confermato dagli studi del tedesco Schmidt, che hanno portato alla scoperta di tre glicosidi ritenuti responsabili degli effetti analgesici e antipiretici dell’arpagofito:
- Arpagoside
- Arpagide
- Procumbide.
Artiglio del diavolo contro il dolore e l’infiammazione
L’artiglio del diavolo si è dimostrato particolarmente attivo soprattutto nelle situazioni che causano dolore e infiammazione come:
- Tendinite
- Osteoartrite
- Artrite reumatoide
- Mal di schiena
- Dolori cervicali.
Le proprietà analgesiche e antinfiammatorie dell’artiglio del diavolo sono state confermate da numerosi studi condotti in vitro, su roditori e su esseri umani.
Molti di questi studi hanno paragonato l’efficacia di comuni prodotti antinfiammatori a quella degli estratti naturali di Arpagofito. In molti casi i risultati sono stati incoraggianti e l’artiglio del diavolo ha sempre confermato le proprie virtù terapeutiche.
Una revisione di “Cochrane” sugli effetti clinici di questo rimedio ha osservato che l’artiglio del diavolo sembra ridurre il mal di schiena più del placebo, anche se di moderata significatività.
Artiglio del diavolo per digerire
A questo vegetale vengono attribuite anche proprietà di tipo:
- Digestivo: qualora venga utilizzato come infuso
- Ipocolesterolemizzante
- Ipouricemizzante: è utile in caso di gotta.
La spiegazione scientifica di questi effetti risiederebbe nei molti principi amaricanti, capaci di stimolare la produzione dei succhi gastrici e della bile.
Quando usare l’artiglio del diavolo?
- Tendiniti
- Dolori cervicali
- Mal di schiena
- Contusioni
- Artrite
- Mal di testa
- Febbre
- Cattiva digestione
Artiglio del diavolo per i piccoli fastidi
Se assunto a dosi sufficientemente elevate (almeno 40-50 mg di arpagoside al giorno), l’artiglio del diavolo è un valido supporto per le problematiche più semplici e, con la sua azione, è in grado di sostituirsi ai comuni antinfiammatori da banco.
Artiglio del diavolo nelle patologie gravi
Per le patologie più gravi, il suo utilizzo costante permette di ridurre il dosaggio dei farmaci antinfiammatori di sintesi.
Controindicazioni
Gli estratti di questa pianta sono controindicati in caso di:
- Diabete mellito tipo 2
- Disagi cardiovascolari
- Gravidanza
- Allattamento
- Terapie farmacologiche
- Certe patologie dell’apparato digerente.
Interazioni farmacologiche
L’artiglio del diavolo può interagire negativamente con i seguenti farmaci:
- Antinfiammatori non steroidei (FANS)
- Anticoagulanti o antiaggreganti (ad esempio il warfarin e la ticlopidina)
- Antiaritmici.
Patologie dell’apparato digerente
Gli effetti pro digestivi dell’artiglio del diavolo, dovuti a una maggior secrezione gastrica e biliare, possono rivelarsi controindicati in caso di gastrite, ulcere gastriche, duodenali e calcoli alla cistifellea.
In alcuni casi l’artiglio del diavolo ha scatenato diarrea anche con dosi di assunzione normali.
Tossicità
La tossicità dell’artiglio del diavolo è considerata molto bassa, tuttavia sono stati segnalati casi di lievi disturbi gastrointestinali nei soggetti più sensibili.
VITAMINA D
Che cos’è la vitamina D
La vitamina D è una vitamina liposolubile, viene quindi accumulata nel fegato e non è dunque necessario assumerla con regolarità, attraverso i cibi, dal momento che il corpo la rilascia a piccole dosi quando il suo utilizzo diventa necessario.
La vitamina D si presenta sotto due forme: l’ergocalciferolo, che viene assunto con il cibo, e il colecalciferolo, che viene sintetizzato dal nostro organismo.
A che cosa serve la vitamina D?
La vitamina D è perlopiù sintetizzata dal nostro organismo, attraverso l’assorbimento dei raggi del sole operato dalla pelle. Questa vitamina è un regolatore del metabolismo del calcio e per questo è utile nell’azione di calcificazione delle ossa.
La vitamina D contribuisce inoltre a mantenere nella norma i livelli di calcio e di fosforo nel sangue.
In quali alimenti è presente la vitamina D?
La vitamina D è scarsamente presente negli alimenti (alcuni pesci grassi, latte e derivati, uova, fegato e verdure verdi). L’unica eccezione è data dall’olio di fegato di merluzzo.
La vitamina D viene in grande parte accumulata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi solari e va integrata solo in situazioni particolari, legate alla crescita, alla gravidanza e all’allattamento.
Qual è il fabbisogno giornaliero di vitamina D?
Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia a seconda dell’età. Il fabbisogno giornaliero di vitamina D è di 400 unità al giorno, in assenza di fattori di rischio. Le dosi possono variare e arrivare fino a 1.000 unità al giorno in presenza di fattori di rischio o deficit.
Carenza di vitamina D
La carenza di vitamina D incide in modo negativo sulla calcificazione delle ossa con effetti che vanno dal rachitismo per i bambini alle deformazioni ossee di varia natura e alla osteomalacia, che si presenta quando la struttura ossea esternamente è integra ma all’interno delle ossa si registra un contenuto minerale insufficiente.
La mancanza di Vitamina D rende inoltre i denti più deboli e vulnerabili alle carie.
Eccesso di vitamina D
L’eccesso di vitamina D può provocare una calcificazione diffusa a livello dei vari organi, con conseguente vomito, diarrea e spasmi muscolari.